Enrico Letta nuovo segretario del PD

Vista la notizia, ho ripescato il mio commento dopo la lettura del libro che ha scritto e che ripropongo qui di seguito.

Non ho capito bene cosa abbia imparato, dagli errori commessi, dai tradimenti e dalle nuove esperienze, ma mi sembra rimasto solidamente ancorato al suo mondo, un mondo che conosce bene, e accetta, solo la propria realtà. Ci prova, crede o fa finta di capire, qualcosa oltre il suo orizzonte ma senza grande successo. Rispetto per questa persona che comunque ha fatto, e fa, molto nella sua vita con esperienze ed iniziative che solo pochi riescono a fare nella propria vita; ma questo non lo esime certo da critiche, una su tutte la superficialità e l'ipocrisia che caratterizzano una buona parte del dibattito politico di casa nostra.

Nel merito dei contenuti. Il libro è gradevole e si lascia leggere, sviluppato con un linguaggio comprensibile ma piuttosto ripetitivo nei concetti e scarso nei contenuti pratici relative alle soluzioni con le quali si può uscire dall'impasse in cui si trovano i sistemi democratici e l'Italia in particolare. Il signor Letta resta comunque un'individuo che fa parte di una élite e lo si capisce bene dal modo in cui espone i concetti e le ricette, troppa teoria sganciata dalla vita pratica dei normali cittadini ed in particolare dal mondo produttivo.
Poca, e superficiale l'autocritica, e manca completamente ogni accenno al carattere medio del cittadino elettore, e come si è formato nella storia, e quindi, indulgente, si perde spesso in lodi sperticate alle meravigliose potenzialità della nostra Italia. La solita esaltazione retorica, una sorta di nostalgico: "Roma caput mundi". Sostiene la necessità di rivedere le regole italiane ed europee per l'immigrazione e l'idea di avere un commissario con poteri ampi; un'idea questa certamente condivisibile. Ottimismo, invece, secondo me ingiustificato che vede un futuro affidato solo ai giovani, i quali sembra non abbiano bisogno dell'esperienza della generazione matura che viene descritta come incapace di comprendere il cambiamento, la velocità dello stesso, e quindi i modi per affrontarlo. L'esperienza appare quindi inutile. Per quanto riguarda la formazione, e gli studenti al centro dello sviluppo, suggerirei cautela e la lettura del saggio di Tom Nichols: "la conoscenza ed i suoi nemici". Manca completamente la critica alla giustizia, mal gestita e male amministrata, che resta uno dei mali principali della nazione. 

L'unica ricetta proposta per contrastare l'evasione fiscale è la limitazione all'uso dei contanti (davvero non si può fare di meglio?!).
Trovo, poi, singolare la proposta di accorciare a tre anni i tempi delle legislature, sostenuta dalla motivazione che si sono troppo allungati i tempi, dopo le lezioni, per formare i governi; ma una posizione del genere sorvola completamente sui reali motivi di questi ritardi, la frammentazione dell'elettorato e quindi degli eletti.
E affrontando il tema, ancora doloroso, della legge elettorale dimentica (?!) di menzionare l'esperienza referendaria di Mario Segni e del sistema maggioritario, cause ed effetti, e dell'abilità dei politici che ne hanno poi ribaltato gli effetti rimanendo saldamente ancorati al vecchi e caro sistema proporzionale. Un sistema che, in un paese come il nostro, diviso e litigioso, aveva già dimostrato di poter produrre solo governi instabili.
In conclusione. Ho comprato questo libro sperando di trovare qualcosa di interessante ma, pur non potendo vantare cultura, formazione ed esperienza, al livello dell'autorevole autore, ho trovato solo un'analisi piuttosto scontata a causa della quale, ahimè, nonostante gli sforzi l'autore appare proprio come un individuo parte delle élites che vorrebbe criticare (citazione di Norbert Elias) e mi sono convinto, ancora una volta, che con queste premesse siamo ben lontani dal poter trovare una via d'uscita. 

Giudizio: Evanescente. 

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