Il contratto sociale moderno e la democrazia.
L'articolo di Moreno Bernasconi pubblicato nel numero 12/2023 di LiMes (di cui qui di seguito pubblico alcuni stralci) si rivela particolarmente interessante per l'attualità della situazione politica nella Unione Europea (e non solo). Sappiamo che l'attuale UE è fondamentalmente una unione economica tra diversi Stati che, dopo la seconda guerra mondiale, furono incapaci di raggiungere un accordo per una vera e propria unione federale. Da allora, con una serie infinita di compromessi, l'unione si è lentamente trasformata acquisendo sempre più potere politico e decisionale con un peso significativo nelle legislazioni dei vari Stati. Se da un lato l'unione ha comunque raggiunto una serie di risultati positivi per i suoi componenti, dall'altro il sistema mostra ormai tutti i suoi limiti con un crescente scontento dell'opinione pubblica. In questo contesto sembra irresponsabile continuare facendo finta che tutto vada bene; è arrivato il momento di agire con decisione e puntare al completamente dell'unione federale. L'esempio della Svizzera mi sembra che si presti particolarmente bene al caso. Per quanto invece ci riguarda direttamente in Italia, considerato che spesso il denaro dei contribuenti viene speso e gestito male, trovo che sarebbe utile e necessario considerare l'introduzione di referendum riguardanti gli investimenti di rilevo (ad esempio come il ponte sullo stretto di Messina).
Segue estratto da LiMes.
A molti sfugge in questo inizio di ventunesimo secolo
l'inadeguatezza del contratto sociale moderno. Le modalità con cui la volontà
generale e i rapporti tra stato e cittadino trovano attuazione nella
maggioranza degli Stati occidentali, specie in quelli di stampo giacobino e
centralistico, incontrano crescenti difficoltà a garantire una stabilità
politica e un'ampia legittimazione democratica, condizioni che propiziano lo
sviluppo economico e la produzione di un benessere diffuso. La legittimazione
politica è debole anche perché le maggioranze elettorali sono sempre più spesso
risicate e attribuite a un partito che con il 25% dei voti dei voti acquisisce
il diritto di governare da solo o grazie alla stampella di alleanze
raccoglitrice ed effimere: esercizio proibitivo. Un altro problema è che il
cittadino abdica de facto ha un ruolo attivo e diretto nella gestione della
cosa pubblica. Dalle debolezze di questo modello, fatto proprio dall'unione
europea a dispetto di un millantato ma disatteso principio di sussidiarietà, si
aggiunge l'urto destabilizzante della rivoluzione tecnologica. La tecnologia
digitale mette a dura prova il contratto sociale nazionale, creando nuovi
poteri su scala sovranazionale, nuove disuguaglianze ed esclusione dei
cittadini. Urgono nuove forme partecipative dei cittadini e andrebbe
riconosciuto che, come accade per la scienza, la politica deve poter contare su
meccanismi in grado di gestire sistemi complessi nei quali la società civile
svolga un ruolo da protagonista, anziché essere considerata una entità
praticamente irrilevante. In questo quadro non si può non considerare
l'accresciuta importanza delle città che deve essere sancita anche
istituzionalmente. È anche certo che con il tempo l'intelligenza artificiale
sconvolgerà lo status quo del sistema internazionale. Le connessioni tra potere
economico e sicurezza nazionale sono intricate e ancora non adeguatamente
comprese. Le grandi aziende tecnologiche hanno accumulato un potere analogo a
quello di uno Stato, quindi i governi dovranno inevitabilmente tenere conto
degli obiettivi delle imprese commerciali. Dopo la fine della seconda guerra
mondiale virgola in Europa emerse una nuova questione tedesca. Dapprima
propensa a neutralizzare a tempo indeterminato il non soggetto sopravvissuto al
Terzo Reich, Washington optò poi per integrare uno stato tedesco occidentale
dentro la propria sfera di influenza europea informazione. Con l'obiettivo di
impedire all'Unione Sovietica, impero ambizioso ma dissanguato dallo sforzo
bellico virgola di impadronirsi della posta più preziosa del conflitto, ovvero
il potenziale industriale, tecnologico ed umano dello spazio germanico. Per
lungo tempo, Berlino ha goduto di un posto eccezionalmente comodo nel sistema
guida americana. Alimentato la propria industria con idrocarburi russi a basso
costo punto ha usufruito della conveniente manodopera cinese punto ha fatto
affidamento sugli Stati Uniti per la propria difesa e la promozione del libero
scambio. Il sistema politico elvetico presenta tuttora elementi importanti di stabilità
politico istituzionale, a confronto con il suo passato ma anche e soprattutto
con i paesi europei che lo circondano. Il Parlamento federale è fondato su un
bicameralismo paritario ed è ispirato al Congresso americano punto la sua
struttura risale al 1848 anno prima della costituzione federale: la camera
bassa (del popolo) è costituita dal consiglio nazionale, mentre la camera alta (dei
cantoni) è costituita dal consiglio degli Stati. La stabilità si esprime anche
e soprattutto nel sistema di elezione e nel funzionamento del consiglio
federale, il governo elvetico ispirato al modello del direttorio francese. I
membri dell'esecutivo sono sette: diversamente dal resto delle democrazie
contemporanee, tale numero è scritto in Costituzione e non può quindi variare. Ogni
membro del governo è eletto singolarmente dalle due camere riunite del
Parlamento con un sistema maggioritario ha più turni. Ciò impedisce a un
singolo partito di eleggersi da solo un proprio rappresentante in governo,
obbligandolo a cercare maggioranze più ampie. Ogni membro del consiglio
federale dispone delle stesse prerogative e dirige un dipartimento (l'equivalente
di un ministero); non esiste quindi un primo ministro o un presidente della
Repubblica. La funzione di presidente del governo federale poggia sul principio
del primus inter pares ed è attribuita a rotazione per un anno a
ciascuno dei sette membri. Una volta eletti, i membri del governo,
singolarmente e collettivamente, non possono essere sfiduciati dal legislativo
e devono sottostare al principio di collegialità: sono tenuti a difendere
pubblicamente le posizioni dell'esecutivo anche se non condivise a titolo
personale. Dal 1848 a oggi il consiglio federale, eletto ogni quattro anni
virgola non ha mai visto un rinnovo completo. L'eccezionale continuità è anche
dovuta a regola non scritte, fra cui figura la logica della concordanza che
deriva da un insieme di vincoli legati al sistema collegiale di governo, agli
effetti del suo sistema elettorale, al consolidamento di un sistema
multipartitico favorito dal proporzionale adottato per l'elezione della camera
bassa. La logica di concordanza si riflette fin dagli anni ‘50 nella
ripartizione dei sette seggi dell'esecutivo nazionale tra i maggiori partiti.
In Svizzera tale ripartizione è sovente definita formula magica: due
seggi vanno all'unione democratica di centro (Udc), due al partito liberale
radicale (PLR) e al partito socialista, uno va al partito del centro. Visti i
vincoli istituzionali e le pressioni della democrazia diretta, prevale una
logica di integrazione delle principali forze politiche nell'esecutivo federale
e quindi di compromesso rispetto al confronto maggioranza opposizione. Insieme
allo specifico sistema parlamentare e di governo, il federalismo costituisce un
pilastro dell'architettura istituzionale Svizzera. Sin dalla nascita dello
Stato federale, viene riconosciuta ai cantoni un'importante autonomia
organizzativa delle rispettive autorità politiche, amministrative e
giudiziarie. I cantoni sono chiamati ad attuare le leggi federali, venendo
coinvolti nella loro elaborazione tramite una procedura di consultazione. Come
nel caso degli Stati Uniti e del Canada, e a differenza di Germania e Belgio,
il federalismo elvetico nasce dal basso: comuni e cantoni esistevano ben prima
dello Stato federale. Il federalismo elvetico non è dunque il risultato di un
decentramento amministrativo. Ogni Cantone dispone di una Costituzione e di una
propria legge fiscale, tassando in maniera diversa reddito da lavoro, da
capitale o immobiliare, come pure le successioni. Inoltre, recepisce la
maggioranza del gettito fiscale prima di girarne una parte allo stato federale.
Due sono le caratteristiche distintive del sistema referendario che ne
sottolineano l'importanza e permettono di definire il sistema svizzero una
democrazia semi diretta. Primo, non esiste un quorum di validità e il risultato
referendario ha forza di legge, non già ha un ruolo meramente consultivo.
Secondo, chiunque (comitati, associazioni o partiti) può lanciare referendum
comunali, cantonali e nazionali; un numero minimo di sottoscrizioni può
obbligare a indire un referendum abrogativo di leggi approvate dal Parlamento;
governo e parlamento, sul piano nazionale, cantonale e comunale, sono tenuti a
chiamare i cittadini alle urne per modifiche costituzionali spesso e spesso
legislative, per esempio quando in gioco un'importante investimento
finanziario. Alcuni decenni orsono la stabilità politica riceveva ampi elogi,
oggi è ritenuta da molti un segno dell'incapacità di stare al passo con i
rapidi cambiamenti della società. In un'epoca che vede la politica a parte
integrante della spettacolarizzazione pubblica, un sistema che non fa notizia
su suscita poco interesse. Tuttavia secondo altri, come lo scrittore Italo
svizzero Giuliano da Empoli, spettacolo ed efficacia hanno un rapporto inverso:
più è noioso, meglio funziona.
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