Pandemia COVID19 e dintorni



Dall’inizio di questa fatidica pandemia COVID19 sono passati due anni durante i quali la nostra vita sociale è stata profondamente influenzata e in questi giorni, sul finire del periodo di festività di fine anno, assistiamo all’ennesima esplosione di allarmi isterici da parte di vari attori pubblici assecondati dalla consueta poderosa campagna dei media per la rapida diffusione della variante del virus denominata “omicron”.  Ora il tempo di questi due anni passati, che non è poco, è stato costellato da una serie di avvenimenti che vale la pena fissare nella nostra distratta memoria collettiva, e dall’esame dei quali si evidenziano alcuni elementi di questa storia che destano la mia perplessità. In primo luogo, è ormai accertato che il precedente focolaio epidemico di SARS a cavallo degli anni 2002 – 2004 aveva destato allarme a livello mondiale e l’organizzazione mondiale della sanità aveva suggerito a tutti i governi di preparare dei piani di emergenza per poter fronteggiare eventuali pandemie che prima o poi sarebbero arrivate. Ciononostante la maggioranza dei governi non aveva i piani aggiornati. Con l’Italia in prima fila. E arriviamo al disgraziato provvedimento denominato “lockdown” del quale siamo stati apripista nel mondo occidentale. Disgraziato perché chiunque abbia un minimo di formazione medico scientifica (parlo di minimo normale di conoscenza dell’individuo comune che studia e si informa, non medico o scienziato di professione) sa benissimo che in un mondo interconnesso dove vivono miliardi di persone che si spostano velocemente da un posto all’altro, anche molto lontano, è cosa virtualmente impossibile. Ma bisognava tamponare in qualche modo l’emergenza di ricoveri e ricorsi alla terapia intensiva e quindi, poiché impreparati, i decisori politici hanno preso la strada più facile: chiudere tutto. Un provvedimento fuori misura, dannoso per socialità, psiche e, non ultimo, per lavoro ed economia. Considerato che la maggioranza delle persone sono abbastanza responsabili, sarebbe bastato il parlar chiaro, evitando la politica del terrore, disponendo certamente alcune limitazioni per evitare affollamenti e l’uso di precauzioni come le mascherine al chiuso o in contatti ravvicinati. Invece, no. Quello che è seguito ha visto una realtà nella quale si è materializzato il peggiore degli incubi. Fino a quel momento nessuno di noi avrebbe mai immaginato che potesse accadere una cosa del genere. Naturalmente, per convincere la popolazione a stare tranquilla chiusa in casa, è stata scatenata una campagna mediatica di terrore senza precedenti e, si noti bene, senza voci discordanti in un clima che definirei “orwelliano”. In tutto il mondo occidentale l’Italia ha fatto scuola e uno alla volta tutti i paesi, con pochissime eccezioni, hanno seguito il suo esempio. La motivazione ufficiale è quella di salvaguardare la salute della popolazione. In realtà, non è l’unica; chi studia e conosce storia e politica sa benissimo che un buon politico non si lascia mai sfuggire l’occasione di una crisi che si presenta inaspettata. I motivi sono sempre gli stessi: potere e denaro. E veniamo al terzo elemento, i vaccini. Astra Zeneca, oggi Vaxzevria, è stato il primo vaccino realizzato ed approvato dall’istituto Oxford che si è avvalso di ingenti finanziamenti pubblici del governo britannico per velocizzare la ricerca. Realizzato con la collaudata tecnica del virus inattivato innestato su vettore biologico, è stato immesso sul mercato al prezzo di costo ed è stato adottato da molti paesi (USA esclusi). Poi sono arrivati i vaccini realizzati con la tecnica MRNA, realizzati da Pfizer e Moderna, che sono stati immessi sul mercato con un prezzo di mercato normale e non di emergenza (quindi con ricarico commerciale e distributivo). Sorvoliamo sulla questione effetti collaterali, relative approvazioni, ordini e contrordini che hanno caratterizzato la stagione della vaccinazione di massa e restiamo sulla questione prezzo: i vaccini MRNA costano circa il triplo di Vaxzevria. Quest’ultimo peraltro dimostratosi efficace e tutt’ora ancora utilizzato in molti paesi. Si consideri inoltre che anche gli effetti collaterali, che peraltro esistono per qualsiasi farmaco o vaccino, rientrano in ambiti giudicati normali dalla scienza medica. Ora mi domando: perché l’Italia, uno dei paesi con il debito pubblico più alto al mondo, ha frettolosamente abbandonato, addirittura escluso, quest’ultimo?

Milioni di persone sono state vaccinate con due dosi di Astra Zeneca nel 2021 e adesso perché è stato deciso di favorire solo la cosiddetta “eterologa”? Perché non lasciare la scelta all’individuo e garantire anche l’offerta di un vaccino meno costoso per la collettività? The answer is blowing in the wind. E veniamo alla mitica “terza dose”. Dall’alto dei miei sessant’anni di vita, non riesco a ricordare nessun vaccino che si debba ripetere tre volte in dodici mesi. Perché questo accanimento? Perché c’è la variante omicron della quale sappiamo ancora poco o nulla (come del resto per il virus originario)? Qualche giorno fa, ho sentito con le mie orecchie in un’intervista alla BBC il dr. Tedros Adhanom Ghebreyesus, direttore del WHO, dichiarare che: “non esiste nessuna prova scientifica che la terza dose sia utile e quindi non è necessaria”. Piuttosto, sarebbe meglio che i paesi ricchi invece di fare la terza dose alla propria popolazione le destinassero ai paesi poveri dove con le vaccinazioni sono molto indietro. E questa è l’unica cosa davvero utile che si potrebbe fare per arginare la corsa del virus e quindi fermare la pandemia.

In conclusione di questo breve riassunto, invito coloro che abbiamo avuto la cortesia e la pazienza di leggerlo, a riflettere su questa storia in modo pragmatico e senza farsi influenzare dalla paura e dai media che ogni giorno confermano solo il loro interesse all’audience (sempre attirata dalle notizie negative per una questione di funzionamento naturale del nostro cervello) e quindi il loro asservimento pressoché totale ad una classe politica impreparata e inadeguata

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